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IL RAGGIRATORE 171


Spasimo. (Fallo dunque, per coscienza almeno). (Quando bisogna, convien dissimulare). (da sè)

Arlecchino. (La senta...) (al Conte, piano)

Conte. (Tieni; dagli questo zecchino). (a Arlecchino)

Arlecchino. (Sior sì, subito). (Vustu spender sto zecchin per restar in casa?) (piano a Spasimo)

Spasimo. (Sì, te lo dono, se mi ritorni in grazia).

Arlecchino. (Sior Conte, cossa vorla far? el xe pentio quel poveromo. Se la lo manda via, la desperazion lo farà parlar. Per mi ghe perdono; la ghe perdona anca vussioria per sta volta). (piano al Conte)

Conte. (Ma se si abusa della mia bontà...)

Arlecchino. (Fazzo mi la sigurtà per elo. Povero diavolo, el me fa peccà). (piano al Conte)

Conte. (Basta, è un servitor che mi comoda; digli che abbia giudizio per l’avvenire).

Arlecchino. (Starò in guardia, e se me n’incorzerò gnente gnente...) (piano al Conte) Senti, a istanza mia, el padron te perdona. Abbi giudizio per l’avegnir. (a Spasimo, forte)

Spasimo. Io non so di aver mancato...

Arlecchino. E circa al salario, ora siete del pari...

Conte. Ho pagato il mese al briccone.

Arlecchino. Sior sì, nol pretende altro.

Spasimo. Per altro, signor padrone...

Arlecchino. Va via, che avemo da descorrer tra lu e mi.

Spasimo. Vorrei almeno...

Conte. Basta così, vattene. (a Spasimo)

Spasimo. (Mi mangia un zecchino con questa bella disinvoltura). (da sè)

Arlecchino. (Va via, caro ti, lasseme col patron; e no t’indubitar, che son qua per ti. Te sarò bon amigo; vustu altro? Se el te volesse licenziar, vien da mi, che te farò un’altra volta la carità senza interesse, de bon cuor). (a Spasimo)

Spasimo. (Birbonaccio. Può essere che quello zecchino ti costi caro un giorno. Faremo a farsela: una volta per uno). (da sè, e parte)