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154 | ATTO SECONDO |
Conte. Padrona di venire. (a Carlotta, mezzo arrabbiato) Dille che, se comanda, è padrona, (a Spasimo) (Conviene rompere questo ghiaccio). (da sè)
Spasimo. (Mi pare quella commedia che dicono: l’Ortolana finta Contessa). (da sè, e parte)
Conte. Imparerete un po’ per volta il costume.
Carlotta. Mi pare non ci voglia molto per dire ci sono, quando ci sono.
Conte. Ma quando non si ha comodo, o non si ha volontà di ricevere, si fa dir: non ci sono.
Carlotta. In villa da noi questa si direbbe una mala creanza.
Conte. Ma scordatevi della villa.
Carlotta. Se volete che me la scordi, insegnatemi qui delle cose buone, e non a dire delle bugie.
Conte. Con questa dama contenetevi con prudenza. Ella merita la mia stima, e poi ha una figliuola che merita ancora più della madre.
Carlotta. A voi chi preme più?
Conte. Tutte due, per ora.
Carlotta. Tutte due. Bravo. In villa poi...
Conte. Con questa villa mi volete far dar al diavolo. Ecco la dama.
Carlotta. (Il cielo me la mandi buona. Anderò regolandomi con mio fratello, per non isbagliare). (da sè)
SCENA VIII.
Donna Claudia e detti.
Claudia. Serva divota di lor signori.
Conte. M’inchino a donna Claudia.
Carlotta. M’inchino a donna Claudia.
Claudia. Mi rallegro del felice arrivo della signora Contessa.
Conte. Questo è un effetto della vostra bontà.
Carlotta. È un effetto della vostra bontà.
Conte. (Diavolo! non sapete dir altro che quello che dico io?) (piano a Carlotta).