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IL RAGGIRATORE 149


SCENA VI.

Donna Claudia e don ERACLIO.

Eraclio. Da qui innanzi voglio farmi portare maggior rispetto.

Claudia. E poi vera questa cosa?

Eraclio. Verissima.

Claudia. Si può dire liberamente nelle conversazioni?

Eraclio. Si può dire, e si può dire di più. Ho trovato nell’autore isterico trentasette città col nome di Eraclia; e siccome si vedono tanti che fra i loro titoli e giurisdizioni incastrano il nome di più paesi, voglio in avvenire chiamarmi don Eraclio degli Eraclidi, signore delle trentasette città.

Claudia. E chi è quest’autore istorico da cui avete ricavate queste belle notizie?

Eraclio. Il dizionario. (con serietà)

Claudia. È autor greco o latino?

Eraclio. È francese, signora. Io l’intendo bene il francese.

Claudia. Ho piacere che mi abbiate partecipato questo novello fregio della vostra casa.

Eraclio. Voi avete un marito che ha nelle vene il sangue di un re di Tebe.

Claudia. Era re di Tebe Ercole?

Eraclio. Certo.

Claudia. Me ne consolo infinitamente. Anch’io per altro sono di casa illustre.

Eraclio. Sì certo; vostro padre, don Anselmo Vesuvi, credo sia stato ne’ primi secoli signor del Vesuvio.

Claudia. In fatti noi veniam da Pozzuolo.

Eraclio. È così senz’altro. Conviene riformare le nostre armi; nella mia voglio aggiunger la clava, e nella vostra le fiamme.

Claudia. Convien crescere il trattamento ancora.

Eraclio. Sì certo; almeno il numero della servitù.

Claudia. E le gioje mie non corrispondono ad un tal grado.

Eraclio. Ancora quelle si aumenteranno.

Claudia. Principiamo almeno a riscuotere quelle che sono al Monte.