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132 | ATTO PRIMO |
SCENA XIII.
Donna Claudia e detti.
Claudia. Che fate qui, scioccarella?
Metilde. Niente, signora.
Conte. Appunto m’informava da lei, dove poteasi riverir donna Claudia.
Claudia. La mia camera sapete dov’è, ne vi è bisogno che prendiate lingua da lei.
Conte. Signora, credo vi sia nota l’onestà mia, onde non possiate temere...
Claudia. Non vi offendete, Conte, che non lo dico per voi.
Metilde. Lo dice per me la signora madre. Gli dispiace ch’io sia qui, perchè vi è il signor Conte. Anderò via, se comanda.
Claudia. (Arditella!) Restate, io non ho soggezione di voi; anzi deggio parlare al conte Nestore per conto vostro, ed ho piacere che ci siate. (Vorrei disfarmene di costei). (da sè)
Metilde. (Se almeno mi proponesse a lui per isposa; ma sarà diffìcile). (da sè)
Claudia. Accomodatevi. (siede)
Conte. Per obbedirvi. (siede)
Claudia. Sedete, sedete voi pure. (a donna Metilde)
Metilde. Sì signora. (siede vicino al Conte)
Claudia. Chi vi ha insegnata la civiltà? Non si dà incomodo alle persone, sedendo da vicino.
Metilde. La sedia era qui... (scostandosi)
Conte. Resti pure. Anzi, nella stagione in cui siamo, si sta meglio vicini1.
Metilde. Mi accosterò dunque. (alzandosi un poco)
Claudia. Sfacciatella. A chi dico io?
Metilde. Compatisca. (rimane al suo posto)
Conte. (Sono in un pochino d’imbroglio; ma saprò condurmi). (da sè)
- ↑ Guibert-Orgeas, Zatta ecc.: uniti.