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128 ATTO PRIMO


Eraclio. Qui non si tratta di Salviano, signor Dottore. Quanto vuole la vedova di questi due quadri di Raffaello d’Urbino? (a Cappalunga)

Cappalunga. Ella mi ha domandato dieci zecchini l’uno: ma se si potessero aver per otto...

Eraclio. Per otto zecchini l’uno, sono assai piccoli; ne ho comprato uno l’altro ieri, grande sei volte tanto, per tre zecchini.

Cappalunga. Di Raffaello d’Urbino?

Eraclio. Non so di che mano sia. Ma non è cattivo.

Cappalunga. Perdoni. I quadri non si apprezzano dalla grandezza...

Eraclio. Lo so ancor io: dalla mano.

SCENA IX.

Il Conte Nestore e detti.

Conte. Servitore di don Eraclio.

Eraclio. Amico, siete venuto in buona occasione. Osservate questi due pezzi di quadro.

Conte. Oh belli!

Eraclio. Indovinate di che autor sono. (Non gli lasciate veder la tela per di dietro). (a Cappalunga)

Conte. Per me li giudico di Raffaele d’Urbino.

Eraclio. Originali, o copie?

Conte. Originali bellissimi.

Eraclio. Così diceva ancor io. Indovinate quanto ne vogliono.

Conte. Se si dovessero valutare per quel che vagliono...

Cappalunga. Per otto zecchini l’uno si possono prendere?

Conte. Li prenderei ancor io per questo prezzo. (Bravo Cappalunga, si è portato bene). (da sè)

Dottore. (Ci gioco io, che sono d’accordo fra questi due). (da sè)

Eraclio. Facciamo così, Conte, prendiamone uno per uno.

Conte. Sarebbe peccato lo scompagnarli.

Eraclio. Se volete che io ve li ceda...