Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/133


IL RAGGIRATORE 127


Eraclio. Di quel bravo, di quel celebre Veronese?

Cappalunga. Non signore, non sono di Paolo Veronese, ma di Raffaello d’Urbino.

Eraclio. Voleva dire di quello. Lasciatemeli vedere.

Cappalunga. Ora subito. (s’accosta alla scena, e chiama un uomo che viene con due quadri)

Eraclio. Li conoscerò io, se sono di Raffaello d’Urbino. (al Dottore)

Dottore. Badi bene, che non sieno copie.

Eraclio. Volete insegnare a me a conoscere le copie dagli originali?

Dottore. Se mi permette, vado via. Ritornerò a desinare.

Eraclio. Trattenetevi un poco; veggiamo questi due quadri.

Cappalunga. Eccoli, signore: questi sono due gioje.

Eraclio. (Lì va osservando con attenzione.)

Dottore. (Povero sciocco: non sa niente). (da sè)

Cappalunga. Ha mai veduto i più belli? (a don Eraclio)

Eraclio. Aspettate. (cava l’occhiale per vederli meglio)

Dottore. (Più che guarda, meno ne sa). (da sè)

Eraclio. È vero, sono di Raffaello da Pesaro.

Cappalunga. D’Urbino, vuol dire.

Eraclio. Da Pesaro a Urbino non ci sono che poche miglia.

Dottore. (Parmi che stia mal di memoria ancora). (da sè)

Eraclio. Quanto vagliono questi due quadri di Raffaello?

Cappalunga. Non dica quanto vagliono, che non hanno prezzo. Sono di una vedova, che non sa più che tanto.

Eraclio. Si possono aver per poco, dunque?

Cappalunga. Ma è stata un po’ maliziata, perchè dietro alla tela vi ha ritrovato scritto il nome dell’autore, e si è informata, e ha inteso dire che le pitture di Raffaello sono rarissime.

Eraclio. Sono rarissime, lo so ancor io. Lasciate vedere, (osserva per di dietro ai quadri) Ecco il nome dell’autore. Non si può negare che non sieno di Raffaello d’Urbino. (al Dottore)

Dottore. Chi se ne intende, non ha da cercare la sicurezza dietro del quadro.