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IL RAGGIRATORE 125


Dottore. Questo è un giudizio di Salviano, intentato da un legittimo creditore ipotecario per intentare l’effetto obnoxio.

Eraclio. Questo obnoxio è un termine da dottore; non lo capisco.

Dottore. Vuol dire obbligato.

Eraclio. Bene dunque, noi abbiamo una causa di Salviano obnoxio.

Dottore. Non confondiamo i termini.

Eraclio. Ed io vi dico che la causa non si può perdere. (alterato)

Dottore. Se non mi dice la ragione, non ne sarò persuaso.

Eraclio. La ragione è questa. Salviano non può portar via il palazzo obnoxio di un cavaliere ipotecario, che non ha altro che questo pel decoro della nobile sua famiglia. Nè vi può essere, nè vi sarà giudice sì indiscreto, che dopo venti secoli di nobiltà, voglia precipitare una famiglia come la mia, che discende da Eraclio, imperatore di Roma.

Dottore. Eraclio è stato imperatore di Costantinopoli.

Eraclio. Questo non serve; ma la causa non si può perdere.

Dottore. Ora che ho inteso la ragione, me ne consolo con lei: vada dal giudice, mostri la discendenza di Eraclio...

Eraclio. E gli farò vedere, che i miei antenati erano padroni del Po, dalla fontana Aretusa dov’egli nasce, sino all’Adriatico dove s’inselva.

Dottore. Il Po s’inselva nel mare?

Eraclio. Voi non sapete altro che di Salviano.

Dottore. Tutti non possono avere una mente così felice.

Eraclio. Dottore, parliamo di cose allegre. Già la causa non si può perdere. Oggi resterete a desinare con noi.

Dottore. Riceverò le sue grazie. (Convien pigliare quel che si può). (da sè)

Eraclio. Abbiamo due capponi di Venezia, un alesso e un arrosto, e un pezzo di vitella mongana, e un piatto di ostriche, e due bottiglie esquisite, oltre il solito desinare che avrà ordinato la dama.

Dottore. La signora donna Claudia è ella, per quel che si dice, che bada all’economia della casa.