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IL RAGGIRATORE 123


dubitate: io sono in credito, e colla scorta mia farete voi pure la vostra bella figura. Venite meco, che voglio farvi vedere i frutti dell’ingegno mio. Vedrete ori, argenti, biancherie.

Carlotta. Ma ditemi, in grazia, che mestiere fate?

Conte. Mi maraviglio di voi. Son chi sono. Il conte Nestore non fa mestieri. (parte)

Carlotta. Fortuna, ti ringrazio. Se il conte Nestore non fa mestiero, avrà finito d’arar la terra anche la contessa Carlotta. (parte)

SCENA VII.

Camera in casa di don Eraclio.

Don Eraclio e il Dottore.

Dottore. Si persuada, signor don Eraclio, che la cosa è così.

Eraclio. Voi non mi venderete lucciole per lanterne. Di legge ne so ancor io quanto basta.

Dottore. Ella, per quel ch’io sento, mi crede ignorantissimo.

Eraclio. Io non dico questo.

Dottore. O un ignorante, o un furbo.

Eraclio. Né l’uno, nè l’altro.

Dottore. Dunque sarà vero, che la di lei causa è in pericolo.

Eraclio. Vi dico che la mia causa non la posso perdere.

Dottore. Favorisca. (Vorrei pur veder di convincerlo, se fosse possibile). (da sè)

Eraclio. Ho esaminato bene l’articolo, e so che la causa non la posso perdere.

Dottore. Favorisca. Sa ella di essere debitore di Anselmo Taccagni di duemila scudi di capitale?

Eraclio. È verissimo.

Dottore. E di sette anni di frutti al cinque per cento?

Eraclio. Non lo nego.

Dottore. Dunque bisognerà soddisfarlo.

Eraclio. Ma la causa non la posso perdere.

Dottore. Cospetto del diavolo! vossignoria debitore è certo.

Eraclio. Va bene.