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112 ATTO PRIMO


Dottore. È verissimo; se non fosse vossignoria! (Ma però si fa pagar bene, per dirigerlo verso la strada della malora). (da sè)

Conte. Due parole ancora col signor Dottore, e subito sono da voi. (a Cappalunga)

Cappalunga. Ma io non ho tempo da perdere, signore. Mi lasciano quelle due copie di Raffaello per due zecchini; se vuole che vada a prendere i quadri...

Conte. Sì, subito. (Buon acquisto, li posso vendere per sei almeno). (da sè, e cava la borsa di Tasca)

Arlecchino. E mi, che gh’ho un negozio1 più grando de tutti i altri negozi?

Conte. In che consiste un sì gran negozio?2

Arlecchino. Me sbrigo in quattro parole. La sappia, sior... Ma bisogna per l’ordene del discorso tornar a dir tutto quello che la m’ha dito in tre mesi che se cognossemo.

Dottore. Non la finirà mai questo sciocco.

Conte. Aspettate un poco. Arlecchino, che mi parlerete con comodo. Ditemi voi, signor Dottore... Tenete, eccovi tre zecchini. Andate a prendere i quadri. Portateli da qui a due ore da don Eraclio, che vi sarò io pure. (a Cappalunga, dandogli li denari)

Cappalunga. E per me niente?

Conte. Ci sarà qualche cosa per voi, a misura del buon negozio che mi riuscirà di fare. Siate lesto nel procurarmi vantaggio. Una man lava l’altra: e l’uomo vive dell’uomo. Chi non s’aiuta, s’affoga. Portatevi bene meco, ch’io sarò generoso con voi.

Cappalunga. Vado subito. (Questi è un bravo raggiratore).(parte)

SCENA II

Il Conte, il Dottore ed Arlecchino.

Conte. Eccomi, signor Dottore, da voi. Che c’è di nuovo intorno agl’interessi di don Eraclio?

Dottore. Le nuove sono cattive. Perderà il palazzo, io dubito.

  1. Edd. Guibert-Orgeas, Zatta ecc.: affar.
  2. Guibert-Orgeas, Zalta ecc.: grande affare?