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versione subito felicemente combattuta dal genitore. E pur l’aneddoto può esser vero, data l’indole del Goldoni soggetta ad accessi d’ipocondria, ma errato solo il rapporto di causalità tra i due avvenimenti.

Alle notizie dell’A. chi legge s’aggiunga che venuto a Modena nell’autunno dello stesso 1754 il Chiari, l’ab. Vicini passò con molta disinvoltura nel campo nemico e collaborò (anzi dovette farsene iniziatore egli stesso) ad una raccolta in versi, fatta a gloria del commediografo bresciano (Della vera poesia teatrale, epistole poetiche modenesi dirette al signor abate Pietro Chiari colle risposte del medesimo. Modana, Soliani [1754]). Vi allude con amare parole lo stesso Goldoni in lettera del 5 aprile 1755 all’Arconati (Spinelli, Fogli ecc.). Sono del Vicini l’epistole I, XI e tre sonetti. In mezzo al consueto indigesto abuso di reminiscenze mitologiche e classiche egli trova modo d’esaltare la riforma, il Chiari, il Medebac, i suoi comici, senza nominare Carlo Goldoni! E attribuito pure al Vicini un indigesto opuscolo antigoldoniano dal titolo «Dispaccio di ser Ticucculia a chi scrisse il Congresso di Parnasso» (Spinelli, Bibliografia, p. 259). L’abate modenese rientrò poi nelle grazie del Goldoni, promovendone la nomina a membro della Ducale Accademia. La notificò al commediografo quel Renzi ch’era stato anch’egli tra i collaboratori delle Epistole. Anzi perchè si dimenticasse ancor più l’intempestivo suo zelo poetico per il Chiari, così finì il Vicini un suo Ringraziamento dopo una recita della Compagnia del S. Gio. Crisostomo di Venezia l’estate del 1758 al Rangoni di Modena.

De la Moglie amorosa noi v’invitiamo intanto
A udir domani sera l’affettuoso vanto.
Ivi saran dipinti quali pensier, quai voglie
Verso il diletto Sposo sempre aver dee la Moglie.
Opra del gran Goldoni, che richiamò dall’atro
Squallor de’ foschi tempi l’Italian teatro,

(Modena a C. G., 1907, p. 252), versi de’ quali il Goldoni lo ringraziò in lettera del 5 luglio dello stesso anno: «Ho avuto... motivo d’insuperbirmi un poco per i versi stampati per codesti comici, veggendomi così onorificamente nominato, e veggo da qual mano mi deriva l’onore». (Riv. di Roma cit.). Vi allude anche un passo della lettera di dedica.

E. M.


La Villeggiatura fu stampata la prima volta nel t. V. dell’edizione Pitteri di Venezia, l’anno 1758; e fu subito ristampata a Bologna (Corciolani, 1758), poi ancora a Venezia) (Savioli IV. ’73; Zatta. cl. I. IX. ’89; Garbo IX. ’96), a Torino (Guibert e Orgeas VI,) ’75). a Livorno (Masi XVIII, ’91). a Lucca (Bonsignori XXV, ’91) e forse altrove nel Settecento. — La presente ristampa seguì con più fedeltà il testo dell’ed. Pitteri curato dall’autore. Valgono le solite avvertenze.