Cavaliere. Di doppie e di zecchini vantarmi un centurone?
Favole raccontarmi?
Madama. Ora il parlarne è vano.
Discorrerem per via.
Cavaliere. Farmi fare il mezzano?
Madama. Andiam, venite meco. Non vi perdete qui.
Cavaliere. Col Cavalier Giocondo non si tratta così.
Madama. Venite, o non venite?
Cavaliere. Vengo.
Madama. Son stanca ormai.
Cavaliere. A un uom della mia sorte? Non lo credeva mai.
(parte con madama Bignè)
Lisaura. Parte col Cavaliere. Che cosa mai vuol dire?
(a don Alessandro)
Alessandro. Se vuol partir Madama, lasciamola partire.
(a Lisaura)
Possidaria. Parte il signor marito, e a me non dice niente?
(a Gianfranco)
Gianfranco. Siete da me servita. È un cavalier prudente.
Possidaria. Andiamo ancora noi. (a Gianfranco, alzandosi)
Gianfranco. Andiam, se ciò v’aggrada.
Voi venite, signori? (a Lisaura e don Alessandro)
Lisaura. Sì, fateci la strada.
Gianfranco. Lasciatevi servire, giacchè ho la bella sorte.
(a madama Possidaria)
Possidaria. Andiamo a ritrovare il mio signor consorte.
(parte con Gianfranco)
Alessandro. Essi già s’incamminano, andiamo ancora noi.
(a Lisaura)
Lisaura. Io non ho tanta fretta. Li seguiremo poi.
Dunque voi non volete darmi la man di sposo?
Alessandro. Lo farei, se potessi.
Lisaura. Se foste più amoroso,
Non trattereste meco con tanta indifferenza.
Alessandro. Deggio a’ parenti miei usar tal convenienza.