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IL CAVALIER GIOCONDO 83
Possidaria.   È presto. (tutti siedono)

Madama. Signori, allegramente, il tè ci hanno portato,
Per farci digerire quello che si ha mangiato.
Marianna. Io volentieri il bevo.
Marchese.   Anch’io lo prenderò.
Lisaura. Intanto le budella anch’io mi sciacquerò.
Madama. Madama, questo qui tè non mi pare indiano.
Possidaria. Verissimo, madama, questo è tè veneziano.
Un’invenzion novella...
Madama.   Lo so, l’ho conosciuto.
Me ne fu regalato, e poi ne ho provveduto.
Buonissimo all’odore, gratissimo a pigliare;
Dicono ch’egli sia perfetto e salutare.
È un nuovo ritrovato che giova alle persone,
Che dà profitto all’arte, e onore alla nazione.
Un’altra tazza a me.
Marianna.   Beveste molto presto.
Madama. Io non m’annoio mai, quando bevo di questo.
Possidaria. Io poi, per dir il vero, sia sera o sia mattina,
A prendere son usa il tè della cantina.
Gianfranco. Il tè della cantina? Preziosissimo tè.
Pedro. La bibita è cotesta, che piace ancora a me.
Marchese. Tutti parlan, signora, e voi non dite niente?
(a donna Marianna)
Marianna. (Son qui solo col corpo; non son qui colla mente).
Marchese. (Siete col cuore al figlio. Sempre alle cose istesse).
Marianna. (Ora stava pensando all’M., all’F., all’S.).
Madama. Ho finito anche questa. Che cosa or s’ha da fare?
Pedro. Fino all’ora di cena star cheti, e sbadigliare.
Madama. Almen don Alessandro mi dica una parola;
Dica perch’è partito, e mi ha lasciato sola.
Alessandro. Madama, vi protesto... forse sarei tornato.
Conte. Sola non eravate, con voi v’era il cognato.
Madama. Se i seccatori fossero conformi ai desir miei,
È ver, signor cognato, voi valete per sei.