Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
78 | ATTO QUARTO |
Non ci voglion dar nulla.
Cavaliere. Cenerete con noi.
Lisaura. D’una cosa per altro non sono persuasa:
È ver che non si desina in questa vostra casa?
Cavaliere. È ver, signora sì; ed in questo paese
Son io sol che non desina, trattando alla francese.
Lisaura. E quei che all’italiana sono avvezzi a trattare,
Per far l’usanza vostra, di fame han da crepare?
Cavaliere. Più buono questa sera vi riuscirà il convito.
Lisaura. Una salsa preziosa suol esser l’appetito.
Dite, signore, intanto nulla per noi faceste?
Cavaliere. Non ancor. Converrebbe ch’io avessi cento teste.
Protezion, cerimonie, lettere, forastieri.
Tutti da me ricorrono, mercanti e cavalieri.
Son io tutto di tutti, tutto m’impegno in tutto.
Tutti ceniamo in prima; doman si farà tutto.
SCENA VI.
Lisaura, e poi Gianfranco.
Oh, se don Alessandro tornasse al primo foco!
Gianfranco. Lisaura, eccomi qui.
Lisaura. Gianfranco, ho ritrovato
Alfin quel cavaliere che un dì m’ha abbandonato.
Gianfranco. Dove?
Lisaura. Alloggia ancor egli in questo luogo istesso.
Gianfranco. Ci dividiamo adunque, or che gli siete appresso?
Lisaura. Non so, veder conviene s’ei pensa come prima.
Con lui ho favellato, ha per me della stima;
Ma per render contento il mio povero cuore,
La stima non mi basta, vuol essere l’amore.
Tutti i casi seguiti sincera io vi narrai:
Lasciata dall’ingrato, con voi m’accompagnai.