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IL CAVALIER GIOCONDO | 77 |
Con zucchero, uva passa, pepe e salvia nostrana.
I polli in questa salsa erano più esquisiti;
Perchè pria nello spiedo li avevano arrostiti.
Fabio. All’osteria li fanno tai piatti regalati
Coi pezzi che il dì innanzi si trovano avanzati.
Cavaliere. Altre due cose buone a Modona mangiai;
L’ho detto cento volte, e non ne vedo mai.
Ricordatelo al cuoco, vo’ due torte compagne,
Una di latte e vino, ed una di castagne.
Fabio. Torta di latte e vino vi avrebbe preparato.
Se un vomitorio i medici vi avessero ordinato.
Cavaliere. L’arrosto che sarà?
Fabio. Piccioni e buon vitello.
Cavaliere. Signor no, si cucini da latte un asinelio.
Son di Scaricalasino, e voglio che si dia
Pietanza, che allusiva è della patria mia.
Fazio. Benissimo; mi piace.
Cavaliere. Ditegli in due parole.
Che faccia quel ch’io dico, poi faccia quel che vuole.
Le cose che ho ordinate, vo’ che ci sieno, e poi
Io mi rimetto al cuoco, io mi rimetto a voi.
Non parlo dei liquori, non parlo delle frutta:
Vi lascio, se volete, spogliar Bologna tutta.
Voglio che i forestieri parlin per tutto il mondo
Del gusto delicato del Cavalier Giocondo.
Fabio. Si farà, per servirvi, alcun de’ vostri piatti:
(E i forestier diranno: e viva il re de’ matti).
SCENA V.
Il Cavalier Giocondo, poi Lisaura.
Di cose peregrine procuro far raccolta.
Allor che i viaggi miei averò terminati,
Voglio dare alle stampe i lumi che ho acquistati.