L’ho col signor don Pedro, che a voi vuole accusarmi
Che gli ho perso il rispetto.
Marianna. Sempre vuole inquietarmi.
(al Marchese)
Marchese. Se l’aio si querela, avrà i motivi suoi.
Rinaldino. Egli non ha motivi; come ci entrate voi? (al Marchese)
Marchese. C’entro, per il rispetto che ho per la madre vostra.
Rinaldino. Non ci voglio nessuno nella camera nostra.
Marchese. Partirò, signorino...
Marianna. No, Marchesin, restate.
Portategli rispetto. (a Rinaldino) A lui non abbadate.
(al Marchese)
Sentiam che cosa è stato; di voi che mi vuol dire
Don Pedro? (a Rinaldino) Non partite. (al Marchese)
Marchese. Resto per obbedire.
Rinaldino. Ve io dirò, ma piano, che il Marchese non senta.
Marianna. Ditelo, non importa.
Rinaldino. (Lo dirò, se mi tenta). (da sè)
Marchese. Meglio sarà ch’io parta, donna Marianna.
Marianna. Oibò.
Obbedite, parlate. (a Rinaldino)
Rinaldino. Signora, obbedirò.
Marianna. Rinaldino è obbediente. (al Marchese)
Marchese. Fa il suo dovere in questo.
Marianna. Dite, che cos’è stato? (a Rinaldino)
Rinaldino. Che ve la dica?
Marianna. Presto.
Rinaldino. Parlo per obbedirvi, non ve n’abbiate a male.
(a donna Marianna)
La cosa com’è stata vi dirò tal e quale.
Venne una cameriera a fare il nostro letto;
Io tralasciai di scrivere, e a lei feci un scherzetto.
Don Pedro mi gridò, mostrandomi la sferza.
Dicendomi: Ragazzo, con donne non si scherza.
Dissi a don Pedro allora: Vo’ far l’amore anch’io,