mente dimostrato di ciò l’E. V., mi ha dato animo ad isperare di più, e mi ho veduto in grado di domandarvi la grazia da tanto tempo desiderata. Un’altra forte ragione mi ha stimolato a sollecitarmi un sì fatto onorifico fregio. Sono parecchi anni che codesta Metropoli soffre su i suoi Teatri le mie Commedie, ed in quest’anno mi viene offerto l’onore di ritrovarmi presente al pubblico compatimento di un popolo per me clemente, dandosi a me medesimo la direzione delle opere mie nel Teatro di Tordinona. Con estrema consolazione ho accolta la fortunata occasione di vedere Roma, sperando che quella bontà che fu accordata al mio nome, sarà concessa benignamente alla mia persona. Si accresce oltremodo il mio giubbilo per la speranza di baciare i Santissimi piedi di un tal Pontefice, della di cui Nobilissima Casa ho la fortuna di godere la protezione. Aggiungesi per colmo di mia felicità, la certezza di trovare in Roma in V. E. un mio benignissimo Protettore; ma perchè un sì gran dono possa da me pubblicamente ostentarsi, resta che il Vostro cuore magnanimo degnisi di aggradire l’offerta umilissima di questa comica mia fatica, e mi conceda l’onore di decorarla col vostro glorioso nome. Non si offenda la Vostra modestia ch’io dica il nome Vostro glorioso. Egli è tale, se riguardiamo i tempi passati in cui l’antichissimo Vostro Casato fu sempre decorato delle primarie dignità ecclesiastiche e secolari, tre Pontefici potendosi enumerare del Vostro sangue, Gregorio XII dello stipite Vostro, Eugenio IV e Paolo II, Vostri parimenti per cognazione; e nella Repubblica Serenissima sono innumerabili le memorie dei servigi prestati, delle cariche sostenute e delle porpore conseguite. Glorioso è piucchemai il Vostro nome, se riguardiamo Voi stesso in cui nulla manca per costituire il vero modello dell’Uomo Nobile, del buon Ministro, del Cavaliere cristiano. Eccomi dunque al punto di rendere le brame mie consolate, le opere della mia penna felici, ed il mio nome onorevolmente fregiato. Tanto confido che la grandezza del merito sdegnar non sappia le miserabili offerte dal rispetto e dalla sincerità dell’animo derivate, che arditamente questa Commedia all’E. V. presento, e della protezione Vostra fiduciariamente la copro. Ho scelto questa, fra l’altre mie, nel|benignamente dimostrato di ciò l’E. V., mi ha dato animo ad isperare di più, e mi ho veduto in grado di domandarvi la grazia da tanto tempo desiderata. Un’altra forte ragione mi ha stimolato a sollecitarmi un sì fatto onorifico fregio. Sono parecchi anni che codesta Metropoli soffre su i suoi Teatri le mie Commedie, ed in quest’anno mi viene offerto l’onore di ritrovarmi presente al pubblico compatimento di un popolo per me clemente, dandosi a me medesimo la direzione delle opere mie nel Teatro di Tordinona. Con estrema consolazione ho accolta la fortunata occasione di vedere Roma, sperando che quella bontà che fu accordata al mio nome, sarà concessa benignamente alla mia persona. Si accresce oltremodo il mio giubbilo per la speranza di baciare i Santissimi piedi di un tal Pontefice, della di cui Nobilissima Casa ho la fortuna di godere la protezione. Aggiungesi per colmo di mia felicità, la certezza di trovare in Roma in V. E. un mio benignissimo Protettore; ma perchè un sì gran dono possa da me pubblicamente ostentarsi, resta che il Vostro cuore magnanimo degnisi di aggradire l’offerta umilissima di questa comica mia fatica, e mi conceda l’onore di decorarla col vostro glorioso nome. Non si offenda la Vostra modestia ch’io dica il nome Vostro glorioso. Egli è tale, se riguardiamo i tempi passati in cui l’antichissimo Vostro Casato fu sempre decorato delle primarie dignità ecclesiastiche e secolari, tre Pontefici potendosi enumerare del Vostro sangue, Gregorio XII dello stipite Vostro, Eugenio IV e Paolo II, Vostri parimenti per cognazione; e nella Repubblica Serenissima sono innumerabili le memorie dei servigi prestati, delle cariche sostenute e delle porpore conseguite. Glorioso è piucchemai il Vostro nome, se riguardiamo Voi stesso in cui nulla manca per costituire il vero modello dell’Uomo Nobile, del buon Ministro, del Cavaliere cristiano. Eccomi dunque al punto di rendere le brame mie consolate, le opere della mia penna felici, ed il mio nome onorevolmente fregiato. Tanto confido che la grandezza del merito sdegnar non sappia le miserabili offerte dal rispetto e dalla sincerità dell’animo derivate, che arditamente questa Commedia all’E. V. presento, e della protezione Vostra fiduciariamente la copro. Ho scelto questa, fra l’altre mie, nel