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408 | ATTO SECONDO |
Isabella. Fossevi almeno qualque libro bello. Il Fior di virtù mi piace.
Franceschino. Oh, sapete che c’è nel cassettino?
Isabella. Che cosa?
Franceschino. Delle ciambelle, dei zuccherini e dei frutti.
Isabella. Chi le ha messe mai costì quelle buone cose?
Franceschino. Il signor nonno, cred’io.
Isabella. Che le abbia messe per noi?
Franceschino. Può essere: ne ha sempre di queste galanterie.
Isabella. Ora che ho fame, me le mangierei tutte.
Franceschino. Anch’io, ma senza licenza non si toccano.
Isabella. No certo; mi ricordo ancora una volta, che la signora madre, per aver preso una pera, mi ha dato uno schiaffo.
Franceschino. Io morirei di fame, più tosto che pigliare da me senza domandare.
Isabella. Ma vorrei che si andasse a tavola. È passata l’ora e di là dell’ora.
Franceschino. Lisetta torna. Ci saprà dire.
SCENA XIII.
Lisetta e detti.
Isabella. E bene, Lisetta, che cosa dicono?
Lisetta. Dicono, che per obbedienza venghiate tutti due subito a desinare.
Franceschino. Soli?
Lisetta. Soli.
Franceschino. Pazienza. (parte)
Isabella. Non viene la signora madre?
Lisetta. Per ora non può venire.
Isabella. (Sì mette il grembiule agli occhi singhiozzando, e parte.)
Lisetta. Povera figliuola amorosa! Pur troppo ci son dei guai; ma tutto tutto non ho potuto sentire. (parte)