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404 | ATTO SECONDO |
Lisetta. Possono ben dire, eh, della curiosità? Non c’è rimedio.
Nardo. Ma se quando ho curiosità di sapere, pare m’abbia morsicato la tarantola, non istò fermo un momento.
Lisetta. Dal mormorare si può facilmente astenersi, ma dall’ansietà di sapere, è difficilissimo.
Nardo. Certo, perchè la curiosità è cosa che dipende dalla natura; ma la mormorazione è un cattivo abito della volontà.
Lisetta. Ora che si sa la cosa com’è, non si pensa più come si pensava.
Nardo. Aveva una pietra da molino sopra dello stomaco; ora mi pare di essere sollevato.
Lisetta. Tutto il male proviene dunque dalla gelosia.
Nardo. Sospetti che hanno l’uno dell’altro.
Lisetta. Fa male il padrone a coltivare un’amicizia che può essere scandalosa.
Nardo. E la padrona fa peggio a ricever gli uomini di quella sorte, in tempo che suo marito è fuori di casa.
Lisetta. Non credo che ci sia male.
Nardo. Non ci può esser gran bene, per altro.
Lisetta. Certo che si principia così, e poi si passa a degli impegni maggiori.
Nardo. Dicano quel che vogliono, siamo tutti di carne.
Lisetta. Il padrone pare effeminato un poco; e se si stufa della moglie...
Nardo. Ed ella, colla sua bontà, chi l’assicura di non cadere?
Lisetta. Ehi, Nardo, la mormorazione...
Nardo. Diavolo! ci son caduto senz’avvedermene.
Lisetta. Che fanno ora, che non domandano in tavola?
Nardo. Non lo so certo. Il desinare è all’ordine, e le vivande patiscono.
Lisetta. Ci giuoco io, che fra marito e moglie vi è qualche nuovo taroccamento.
Nardo. Andiamo a sentire?
Lisetta. Se sapessi con qual pretesto!
Nardo. Ci anderò io, col pretesto di domandare se vogliono in tavola.