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LA BUONA FAMIGLIA | 377 |
Isabella. Cecchino l’ha avuta da uno scolare compagno suo la canzone della colezione, che si dice in due, e io ho imparato la parte mia, e Cecchino dice la parte sua.
Anselmo. Non ve l’ho mai sentita a dire io.
Isabella. L’ha portata ieri Cecchino.
Anselmo. Imparatela, che me la direte poi.
Isabella. Io la so dire, e Cecchino la sa dire ancora.
Anselmo. Ditela dunque, bravina, bravina.
Isabella. Aspettate, ch’io vada a chiamar Cecchino.
Anselmo. Sì, sì; la dirà egli pure. Ci averò gusto io.
Isabella. Aspettateci, che venghiamo subito. (parte)
SCENA VI.
Anselmo solo.
La canzone della colezione deve esser bella. S’io sapessi di poesia, vorrei farne tante sopra il desinare e sopra la cena; e vorrei dire, che il mangiare è il più bel gusto del mondo, e vorrei lodare le robe tenere, le robe dolci, e il brodo grasso.
SCENA VII.
Isabella, Franceschino e detto.
Isabella. Eccoci, siam belli e lesti.
Anselmo. Cecchino, mi vuoi tu dire la canzone della colezione?
Franceschino. Signor sì; anche l’Isabellina.
Isabellina. La dirò anch’io, che la so dir bene.
Anselmo. Datemi da sedere, che la vo’ godere agiato.
Franceschino. Ecco, signore. (gli dà la sedia)
Anselmo. Via, dite su, carini. (Non darei questo divertimento per un operone di quelli del tempo mio). (da sè)
Franceschino. Figlia mia, che t’ho da dare?
Isabella. Lascio a voi l’elezione.
Che non tocca il domandare,
Mi sovvien che mi diceste.
Alle giovani modeste.