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LA BUONA FAMIGLIA | 371 |
Fabrizio. Non intendo trattarvi male; vi dico, che la dipendenza della moglie al marito deve essere costante ed illimitata.
Costanza. Non sono poi la serva di casa.
Fabrizio. Ma nè anche l’arbitra di disporre.
Costanza. Pazienza. (si ritira un poco piangendo)
Fabrizio. (Non vorrei averlo saputo). (da sè, con afflizione)
Costanza. (È tanto buono, e non vuol perdonare una cosa fatta senza malizia). (da sè, come sopra)
Fabrizio. (Si principia così, con poco; guai se prendesse piede). (da sè, come sopra)
Costanza. (Poteva pure non esser venuta la signor’Angiola). (da sè)
Fabrizio. (Gran cosa, che s’abbia d’avere per altri dei stracciacuori). (come sopra)
SCENA II.
Anselmo e detti.
Anselmo. È ora di desinare? (Fabrizio e Costanza salutano, senza dir niente) Che c’è, figliuoli? Che è accaduto di male? Oimè, dov’è Cecchino? (a Fabrizio)
Fabrizio. Credo che Nardo sarà andato a prenderlo dalla scuola.
Anselmo. Isabellina dov’è? (a Costanza)
Costanza. Nella mia camera, che lavora.
Anselmo. È accaduto niente di male?
Costanza. Niente, signore.
Fabrizio. Niente.
Anselmo. Ma io mi sento morire a vedervi così. Qualche cosa ci ha da essere certo. Siete corrucciati, figliuoli? Perchè mai? In tanti anni che siete marito e moglie, quest’è la prima volta che vi vedo in un’aria che pare sdegnosa. Vi sentite male? (a Fabrizio)
Fabrizio. Non signore, per grazia del cielo.
Anselmo. Vi sentite male voi? (a Costanza)
Costanza. Ah! (sospira, voltandosi verso Fabrizio)