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LA BUONA FAMIGLIA 353


Costanza. Per me la faccio padrona di venir quando vuole, se il signor suocero o mio marito non hanno niente in contrario.

Anselmo. Non siete voi la padrona? Ricevetela pure.

Fabrizio. Anzi è meglio che la facciate venir subito: più tardi, vi può venir da fare qualche altra faccenda.

Costanza. Appunto aspetto il tessitore verso il mezzogiorno.

Isabella. Oh, che mi solleciti a dipanare dunque.

Costanza. Fatele dire che è padrona quando comanda. (a Lisetta)

Lisetta. Ci avrebbe a essere qualche guaio in casa della signora Angiola. La serva m’ha fatto de’ gesti col capo. In quella casa ci si sta pur male.

Costanza. Badate a voi.

Lisetta. Compatisca. (parte)

SCENA IX.

Costanza, Isabella, Fabrizio, Anselmo.

Anselmo. Tornate fuori di casa, voi? (a Fabrizio)

Fabrizio. Non signore, per questa mane. Ho le lettere di Germania; anzi, se vi torna comodo, signore, vorrei che le leggessimo insieme e discorressimo sopra certi progetti che fanno al nostro negozio.

Anselmo. Sì, figlio, come volete. Già sapete che ho rinunziato il maneggio a voi non per sottrarmi dalla fatica, ma per impratichirvi degli affari nostri, prima della mia morte; son qui per altro ad assistervi, se vi occorre.

Fabrizio. Ed io ho accettato il carico per sollevarvi: ma intendo da voi dipendere, e valermi sempre dell’utile consiglio vostro.

Anselmo. Andiamo dunque a leggere le lettere di Germania. Nuora, a rivederci. Nipotina, addio, cara: il mio sangue, il mio sangue. Cielo, dammi allegrezza del mio sangue. (parte)