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LA BUONA FAMIGLIA 349


Anselmo. Che tutti godano; di quel poco che c’è, che tutti abbiano la parte loro. Siamo tutti di carne; e dice il proverbio, che le gole sono tutte sorelle. Via, andate, e portatevi bene. (a Franceschino)

Franceschino. Non lo sa, signor nonno, che alla scuola sono l’imperatore?

Anselmo. Sì, lo so; bisogna conservarsi il posto, veh.

Franceschino. Certo, se voglio avere il premio.

Costanza. Ne ha avuti quattro de’ premi Cecchino.

Isabella. Ed io che premio averò, quando sarà fatta la tela?

Anselmo. Eh, a voi ne preparo un bello de’ premi.

Isabella. Davvero? Che cosa mi prepara di bello?

Anselmo. La saprete un giorno.

Isabella. Quanto pagherei di saperlo adesso.

Anselmo. Eh, curiosità! Basta... voglio anche soddisfarvi. Andate alla scuola voi, che non facciate tardi. (a Franceschino)

Franceschino. Eh signore, vado. Non importa a me di sentire. Il signor maestro m’ha detto che non bisogna essere curiosi. Le voglio bene alla sorellina. La mano, signor nonno. La mano, signora madre. Ho piacere io, che mia sorella abbia dei regali. Quando sarò grande, le voglio fare un busto, una gonnella e un paio di scarpe ricamate d’argento. (parte con Nardo)

SCENA V.

Costanza, Isabella, Anselmo, Lisetta.

Costanza. È amorosissimo quel ragazzo.

Anselmo. È figlio di buona madre.

Costanza. Ha tutte le massime di suo padre.

Isabella. E così, signor nonno, che cosa mi prepara di bello?

Anselmo. Vi dirò, figliuola mia, è vero che avete padre e madre che non vi lascieranno mai mancar niente, e un fratello da cui col tempo potete sperare assai; ma io non voglio che nessuno abbia da incomodarsi per voi. Non si sa come andar possano le cose di questo mondo. Ho avuto un’eredità mia