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348 | ATTO PRIMO |
Isabella. Anche a me mi piace.
Anselmo. Aspettate; prima a vostra madre.
Costanza. Obbligata, signor suocero, non posso mangiare a quest’ora.
Anselmo. Un pochino solo.
Costanza. Per aggradire ne prenderò un pochino.
Anselmo. L’ho fatta fare a posta; tenete. (dà un pìccolo pezzo a Costanza) Questa a voi. Prima al maschio. (ne dà a Franceschino) Questa a voi. (ne dà ad Isabella) Questa a Lisetta; e questa a me.
Costanza. E per mio marito, poverino, niente?
Anselmo. Oh povero me! me l’era scordato. Non gli dite niente, che me l’avessi scordato. Gli serberò questa.
Costanza. Io, io gli serberò questa.
Anselmo. No, mangiatela, che gliene serberò della mia.
Costanza. In verità, gli do la mia volentieri.
Anselmo. Poverina! siete pure amorosa. Mio figlio può ben dire aver avuto la grazia d’oro, avendo trovato una sì buona moglie.
Costanza. Io, signore, non era degna d’averlo.
Franceschino. Vado alla scuola, signora madre.
Costanza. Andate, che il cielo vi benedica.
Anselmo. Nardo. (chiama)
SCENA IV.
Nardo e detti.
Nardo. Signore.
Anselmo. Accompagnate questo ragazzo alla scuola. (E badate bene, che per la via non si fermi a guardare le bagattelle, che non si accompagni con qualche cattivo giovane). (piano a Nardo)
Nardo. (Non vi è pericolo, signore. Egli non tratta mai con nessuno. Va per la sua strada, e non vede l’ora di arrivare alla scuola. Io poi, quando altro facesse, non lo lascierei fare a sua voglia). (piano ad Anselmo)
Anselmo. Bravo, Nardo. Tieni, un po’ di torta a te pure.
Nardo. Grazie, signore.