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346 ATTO PRIMO

di voi medesima nella scelta dello stato, nè di me, nè di quelli che vi amano, perchè l’amore ci potrebbe far travedere. Consigliatevi con persona saggia, indifferente, dabbene.

Isabella. Oh! ecco il signor nonno.

Lisetta. Ci farà ridere un poco. Il gran buon vecchio! Proprio gli si vede la bontà negli occhi.

Costanza. La quiete di animo, figliuola, è quella che rende gli uomini allegri; quando vi sono de’ rimorsi, il viso non può mai esser sincero.

SCENA II.

Anselmo e dette.

Anselmo. Buon giorno, figliuole care, buon giorno.

Costanza. Buon giorno a lei, signor suocero; ben levato.

Isabella. La mano, signor nonno. (s’alza e gli bacia la mano)

Anselmo. Il ciel vi benedica, la mia gioja. (ad Isabella)

Lisetta. Anch’io, signor padrone. (bacia la mano ad Anselmo)

Anselmo. Sì, anche voi, cara.

Costanza. Ha riposato bene?

Anselmo. Benissimo, grazie al cielo, benissimo. Fabrizio è fuori di casa?

Costanza. Sì signore, è sortito presto stamane.

Anselmo. Ma perchè andar fuori senza dirmi niente? È pur solito ogni mattina, prima d’escire, di venire a salutar suo padre.

Costanza. Ha dovuto andar di buon’ora da un avvocato, per una certa differenza che ha con un altro mercante.

Anselmo. Poteva ben venire a dirmi qualche cosa.

Costanza. Ha pensato che vossignoria dormisse, e non ha voluto destarlo.

Anselmo. Non importa; ancor ch’io dorma, ho piacere che mi desti e mi dia il buon giorno, prima di escir di casa. Lascio per questo la porta aperta, e il mio figliuolo, finchè vivo, ho piacer di vederlo. È andato dunque per una lite?