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IL CAVALIER GIOCONDO 29
Con lui la cioccolata berrem, se voi volete.

Sono a’ vostri comandi, favorite, sedete.
Marianna. Ecco, per compiacervi, di seder non ricuso;
Ma tanti complimenti, credetemi, non uso.
Possidaria. È ver, la soggezione è pur la brutta cosa;
Ma il mio signor marito mi vuol cerimoniosa.
Marianna. Fra noi non abbisogna. Trattiamo in confidenza.
Trattiamoci da amiche.
Possidaria.   Vi domando licenza.
Quelle scarpe, signora, di dove son, se lice?
Marianna.   Sono fatte in Bologna.
Possidaria. Oibò, una viaggiatrice
Portar scarpe nostrane! Il mio signor marito
Mi fa venir di fuori le scarpe ed il vestito.
Marianna. I lavori d’Italia buoni sono egualmente.
Possidaria. Se non son forestieri, non si stiman niente.
Il mio signor marito, dai viaggi ritornato,
Tutto quel che vedete, di fuori m’ha portato.
Quest’abito l’ha preso a Modona, nel ghetto;
A Chiozza da una donna1 comprò questo merletto.
E questa bella cuffia, ch’è una moda sì rara,
L’abbiam mandata a posta a tagliar a Ferrara.
Marianna. Tutti questi paesi molto lontan non sono.
Possidaria. Credetemi, che qui non fan niente di buono.
Marianna. E pur so che in Bologna son di buon gusto assai.
Da soddisfarmi in tutto io so che qui trovai.
Bene si sta in Bologna di vitto e di vestito.
Possidaria. Dice che non è vero il mio signor marito.
Marianna. Sentito ho in altre parti a pensar come voi;
Ciascun, per ordinario, sprezza i paesi suoi.
Possidaria. Non è vero, signora.
Marianna.   Se non è ver, non sia.
Possidaria. Io non ho mai saputo sprezzar la patria mia.

  1. Guibert-Orgeas e Zatta: dama.