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284 ATTO SECONDO


Grisologo. Sì signore, parla così. Credete voi che le donne in Inghiltena non sappiano che cosa sono gli effluvii?

Mario. Con licenza di lor signori. (s’alza)

Leonide. Va via, signor Mario?

Mario. Vado per un picciolo affare, signora. Tornerò, tornerò. (Non ne voglio più. Ho sentito abbastanza). (da sè, e parte)

Leonide. Pare che i versi del signor Grisologo gli abbiano fatto movere il corpo.

Roccolino. Me ne rallegro infinitamente.

Grisologo. Eh! genti che non gustano il buono. Tiriamo innanzi.

Ridolfo. Ehi! guardate un poco se fosse venuto il procuratore. Quando viene, avvisatemi. (a Cricca)

Cricca. Sarà servita. (parte)

Grisologo. Andiamo innanzi.

Felicita. (E Grilletta non viene. Son disperata). (da sè)

Leonide. Ehi! il signor Policastro dorme. (a Roccolino)

Grisologo. Scena seconda. Un messo e detti.

Messo. Batto coll’ali il piede, fendo dell’aere i spazi.
     Nuove felici io reco. Di strage i Dei son sazi?
Moglie. Dove è il britanno eroe, dov’è degli angli il duce?
Messo. Viene, e venendo ei sparge gloria, trionfi e luce.

Roccolino. Oh bravissimo!

Grisologo. La serva. E della luce stessa dell’alme tue parole,

Giubbilo anch’io di gloria, e mi trasformo in sole.

Roccolino. Oh che roba, oh che roba!

SCENA XIII.

Il Procuratore e detti.

Procuratore. Con licenza di lor signori.

Ridolfo. Oh! ecco il signor dottore. (s’alza)

Grisologo. Favorisca. Là vi è una sedia vuota. Ascolti, e stia zitto. (al Procuratore)

Ridolfo. E così, è fatto il negozio? (al Procuratore)

Procuratore. Non ancora.