Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/278

272 ATTO SECONDO

che ho bisogno di persone che mi facciano un po’ di partito. Ho procurato io cogli amici, ai caffè, ai ridotti, di guadagnarli. Ho pagato qualche cena, qualche merenda. Se mi è stata regalata qualche bottiglia, me l’ho posta sotto al giubbone e l’ho fatta bevere ai miei parziali. Ma i miei di casa ci dovrebbono essere. Essi con più cuore degli altri potrebbono battere mani e piedi, e fracassare il palchetto ogni quattro versi almeno.

Felicita. Se ci verrò, non dubitate, batterò certo io; ma intanto, sul dubbio di venirvi o no, fatemi sentir qualche cosa.

Grisologo. Bene, coll’occasione che leggerò la commedia al signor Ridolfo, alla signora Leonide e a qualcun altro che non può venire a sentirla, ci sarete anche voi e la sentirete.

Felicita. Mandiamolo a dire dunque...

Grisologo. Sono avvisati. A momenti scenderanno giù da noi, e si leggerà la commedia. Con quest’occasione, se qualche cosa sentirò che non torni bene, avrò tempo di accomodarla.

Felicita. Prego il cielo che riesca; prima per l’onor vostro, e poi per poter andare un po’ in villa. Me l’avete promesso.

Grisologo. Sì, e ve lo torno a promettere.

Felicita. Ma ci anderemo noi subito?

Grisologo. Subito.

Felicita. Domani?

Grisologo. Domani.

Felicita. Mi faccio un abito nuovo, sapete.

Grisologo. Bisognerebbe che me ne facessi uno ancor io.

Felicita. Ma badate che coi dodici zecchini non si può far tanto.

Grisologo. È vero, si fa poco con dodici zecchini. Ma quando saremo in campagna, il fattore farà a modo nostro.

Felicita. Zitto, che viene il signor zio.

Grisologo. Se lo sapesse, poveri noi!

Felicita. Come faremo andare, ch’ei non lo sappia?

Grisologo. Aspetteremo che non ci sia.