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256 ATTO PRIMO


Ridolfo. Si partirà.

Leonide. Pare che lo diciate per farmi grazia. Si partirà, o non si partirà?

Ridolfo. Si partirà.

Leonide. Badate bene, che se non si parte...

Ridolfo. Si partirà, si partirà, si partirà. (parte)

SCENA XIV.

La signora Leonide, poi il signor Roccolino col suo Servitore.

Leonide. Se fosse mio marito, gli avrei risposto: se non partirete voi, partirò io; ma sono ancora fanciulla, e col fratello non posso dire così. Non vedo l’ora di maritarmi.

Roccolino. (Vestito da viaggio, cogli stivali grossi in piedi e colla scuriata in mano, seguito dal servitore che porta un valigiotto) Riverisco, riverisco, eccomi; riverisco.

Leonide. Oh signor Roccolino, siete sollecito.

Roccolino. M’hanno detto alle diciassette. Ecco la mostra della verità. Diciassette, meno quattro minuti. (mostra l’orologio e poi lo ripone)

Leonide. Mio fratello, per ragione de’ suoi affari, non può partire questa mane. Abbiamo però differito per dopo pranzo.

Roccolino. Benissimo. Partasi quando si parte. Io sono all’ordine per partire.

Leonide. E quello il vostro bagaglio?

Roccolino. Per obbedirvi.

Leonide. È molto in diminutivo.

Roccolino. Ma dentro vi sono delle cose superlative.

Leonide. In che consistono? Poco vi può essere, per quel ch’io vedo.

Roccolino. Polve di Cipro finissima, manteca odorosissima, melissa, samparelie, lavanda, ed una libreria intiera di canzonette novissime.

Leonide. Bravissimo! mi piace l’idea, ci divertiremo. Ma non fate più stare colla valigia in collo quel poveruomo. All’ora del partire c’è tempo.