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242 ATTO PRIMO


Felicita. Non comanda ella pure?

Policastro. Comando ancor io, comando.

Felicita. Dunque dica che vuol andare.

Policastro. Lo dirò io.

Felicita. E andiamoci tutti.

Policastro. Ci anderemo noi. (mangiasi un dattero)

Felicita. Che mangia, signor padre?

Policastro. Mangio de’ datteri; mi piacciono tanto. Ne volete voi? (le mostra il cartoccio)

Felicita. Obbligatissima. (Il ricusa)

Policastro. Sono buoni veh!

Felicita. Sono troppo dolci.

Policastro. Mi piace tanto a me il dolce, mi piace.

Felicita. Pensi un poco, signore, a persuadere il signor zio Geronimo che ci conduca in campagna, o che ci lasci andare da noi.

Policastro. E se non ci vorrà condurre, ci anderemo da noi.

Felicita. Meglio; ci averei più gusto io.

Policastro. Ci anderemo da noi. (si mangia un dattero)

Felicita. Il denaro non lo potrà negare.

Policastro. Non lo potrà negare.

Felicita. Vada dunque subito a dirglielo, prima ch’egli esca di casa.

Policastro. Non ci parlo troppo volentieri io con lui.

Felicita. Dunque, come s’ha da fare?

Policastro. Fate così. Felicita; diteglielo voi, diteglielo.

Felicita. Oh, a me non mi baderà. Se ci fosse anche lei...

Policastro. Ci sarò io.

Felicita. Eccolo che va via. (osservando fra le scene)

Policastro. Buon viaggio.

Felicita. Se non gli parliamo ora...

Policastro. Come volete ch’io faccia?

Felicita. Chiamiamolo.

Policastro. Io non lo chiamo.

Felicita. Lo chiamerò io. Signor zio, dica, signor zio. (verso la scena)

Policastro. (Me n’anderei tanto volentieri). (da sè)

Felicita. Ora gli si dice tutto, e si parla schietto. (a Policastro)