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240 | ATTO PRIMO |
Grilletta. Non vi è altra differenza, se non che ha dei parenti che la contentano, e ella è tenuta bassa.
Felicita. Lo dirò a mio padre. Io non voglio più far questa vita. Mio padre e mio fratello sono uomini come gli altri. Se vogliono, mi possono dare questa piccola soddisfazione, e se non vogliono, so io quel che farò.
Grilletta. Vuol ella forse...
Felicita. So io quel che risolverò.
Grilletta. Ecco qui il signor padre: gli dica l’animo suo.
Felicita. Capperi, se glielo dirò!
Grilletta. Io me ne vado, non voglio altri guai; ne ho tanti de’ miei, che mi bastano.
Felicita. Che avete voi, che vi dà fastidio?
Grilletta. Un affanno grande grandissimo, che mi fa vegliare di notte e smaniare di giorno.
Felicita. E in che consiste?
Grilletta. Nella volontà di marito. (parte)
SCENA VI.
La signora Felicita, poi il signor Policastro.
Felicita. Questo desiderio l’ho anch’io, perchè mi tengono qui incatenata... Se avessi un poco di libertà, come hanno le altre, forse forse non ci penserei. Mai una volta a spasso; mai un anno in campagna...
Policastro. (In veste da camera, con un cartoccio di datteri in seno) Ogni giorno s’hanno a sentir a dire le medesime cose. Sono stufo io di sentirle. (verso la scena)
Felicita. Con chi l’ha, signor padre?
Policastro. L’ho, l’ho... Che cosa sono io? un ragazzo? Ho de’ figliuoli grandi e grossi, e non ho bisogno che nessuno mi venga a far il dottore. (verso la scena, come sopra; poi si mangia un dattero)
Felicita. Di grazia, posso sapere io con chi parla ora?
Policastro. Parlo con quel satrapo di mio fratello.