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I MALCONTENTI | 239 |
Felicita. Qui? se viene uno in casa, immediatamente si critica.
Leonide. E poi...
Grilletta. Signora, la pregano di far presto.
Leonide. Vado subito. (s’alza) E poi quel!’aria aperta, quel verde, quei fiori, quell’acque fanno proprio allargar il cuore.
Felicita. Ed io qui.
Leonide. Poverina! e ella qui.
Felicita. Ma non ci starò.
Grilletta. Sente, signora? picchiano. (a Leonide)
Leonide. Signora Felicita, io me ne vado.
Felicita. Faccia buon viaggio.
Leonide. Vuol venire con noi?
Felicita. Se potessi!
Leonide. Poverina! non vogliono eh?
Felicita. Ah! chi sa?
Leonide. Me ne dispiace tanto. È una miseria la sua.
Felicita. Se poi mi metterò al punto, ci anderò.
Leonide. Io intanto ci vado.
Felicita. Buon pro le faccia.
Leonide. E mi divertirò assaissimo.
Felicita. Felice lei!
Leonide. E vado presto. E in buona compagnia; e con denari da giocare, e con degli abiti da comparire, e con l’amante al fianco, che nessuno sa niente. (piano a Felicita) Signora Felicita, la riverisco. (Ha una rabbia, ha un’invidia che si divora). (da sè, e parte)
SCENA V.
La signora Felicita e Grilletta.
Felicita. (Ci mancava costei a farmi disperare un po’ più). (da sè)
Grilletta. Via, signora padrona, non istia ad affliggersi per così poco. Se non anderà quest’anno in campagna, ci anderà un altro.
Felicita. Ci voglio andare quest’anno. Non sono una miserabile: abbiamo anche noi case e poderi quanto la signora Leonide, e due volte più.