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I MALCONTENTI 235


Felicita. E mio fratello è un babbeo, che non ha coraggio di dir due parole. Questo vecchio ci tien tutti sotto. Per un poco di denari, che ha accumulati col nostro, fa tremar tutti. E non tratta di maritarmi, e non si pensa a divertirmi, e guai a chi parla; ma so io quello che farò.

Grilletta. Che cosa penserebbe ella di fare?

Felicita. Anderò a cacciarmi in un ritiro per sempre, e il signor zio sarà contento.

Grilletta. Sarebbe buona davvero a rovinar se stessa, per far a lui un dispetto.

Felicita. Tant’è, se questa volta non mi dà questa picciola soddisfazione; se non mi manda un poco in campagna, faccio qualche risoluzione.

Grilletta. Può essere, se glielo dice, che la conduca con lui.

Felicita. Oh, non ce lo voglio lui. Non basta che ci sieno mio padre e mio fratello? Non mi ci posso vedere con quel vecchio tisico.

Grilletta. Mi pare che abbiano picchiato.

Felicita. Andate a vedere. Picchiano qui dalla scala.

Grilletta. Sarà la serva della signora Leonide.

Felicita. Può essere che sia ella stessa.

Grilletta. Eh, sarà la serva, che tutto il giorno viene in prestito di qualche cosa. Ora sale, ora olio, ora zucchero: oh che casa disordinata! non hanno mai il bisogno in casa. Almeno qui da noi, per dir il vero, non manca niente. (parte)

SCENA II.

La signora Felicita.

Non manca niente, non manca niente: a me manca tutto. Che importa a me che ci sia sale, olio e zucchero, se manca il miglior condimento, ch’è quello della libertà? Non sono più una bambina da tener per la cintola. Ogn’anno passa un anno, e vedo tante che fanno più di me, e sono meno di me; e voglio fare ancor io quello che fanno le altre.