Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/214

208 ATTO QUINTO
Costanza.   Vago a vestirme, e vegno. (parte)

Raimondo. Signora, perdonate... Non so che dir. Venite. (parte)
Dorotea. Se no i me dà l’anello, vôi che femo una lite. (parte)

SCENA VII.

Camera d’osteria.


Zanetta, Gnese, Meneghina, donna Rosega, Anzoletto,

sior Zulian, Momolo, un altro Giovane in maschera.1

Tutti ballano. Fanno una contraddanza a piacere.

SCENA ULTIMA.

Costanza, Dorotea, Raimondo mascherati, e detti.

Raimondo. Alto, alto, signori, ci siamo ancora noi.

Rosega. Scondite presto, presto. (a Merìeghina, che si ritira)
Raimondo.   Vogliam ballar con voi.
Rosega. Tanto l'è è sta a vegnir? Mo per diana de dia!2
Tolè, la s’ha stufa, e la xe andada via.
Raimondo. Chi?
Rosega.   Siora Dorotea.
Raimondo.   Bene, si aspetterà.
Spero che quanto prima con noi ritornerà.
Rosega. Oh, no la torna più.
Zanetta.   No la vol più vegnir.
Raimondo. Che sì, che s’io la voglio, la faccio comparir?
Zanetta. Ve stimerave assae.
Rosega.   No ve stè a dar sti vanti.
Raimondo. Signora Dorotea, presto, venite avanti.
Dorotea. Tocco de desgraziada! Tocco de masserazza,
Baroncella, frascona... (a Zanella)

  1. È dimenticato sior Biasio.
  2. «Giuramento, come poter del mondo ecc.»: vol. VIII, 156, n. c.