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Nè l’autore apparve malcontento del successo ottenuto. «El Cavalier Giocondo n’ha messo in bon prospetto» diceva il Complimento fatto al popolo l’ultima sera di quel carnovale (ed. Pitteri, IV, 348). E la lettera all’Arconati-Visconti, del 5 aprile: «I Viaggiatori mi fecero dell’onore». Si ricordino anche le parole della dedica a pag. 14, scritte nel ’58. Due anni dopo, nel capitolo per la professione di Chiara Vendramin, figlia del N. U. Francesco, accennò di nuovo agli insegnamenti morali della presente commedia:

          «Quanti imitando el Cavalier Giocondo
          Le intrae consuma, e po se fa burlar,
          Senza acquistarse un merito a sto mondo!
               Chi è nato cavalier, s’ha da trattar
          Da par soo, che vol dir con nobiltà,
          Ma senza vanità, senza strafar.
               L’onesta economia con proprietà
          Fa che in te le occasion de farse onor.
          No se deve intaccar le facoltà, ecc.».

Solo più tardi, in Francia, rileggendo il suo teatro, fu preso da disprezzo per questa commedia e si abbandonò nelle Memorie a uno sfogo contro gli editori di Torino che la stamparono. È questa una delle innumerevoli distrazioni goldoniane. Convien badare invero che il Cavalier Giocondo fu pubblicato la prima volta da Goldoni stesso, a Venezia, tre anni dopo la recita, nel t. IV del Nuovo Teatro Comico edito dal Pitteri; e che di qui lo riprodussero gli editori torinesi e bolognesi. Cadono quindi le accuse; e riesce incomprensibile per noi il lamento dell’autore, benchè si sappia che le Memorie furono scritte in tardissima età, in suolo, in lingua straniera, per gli stranieri.

Il Goldoni adunque ci si fa innanzi come il primo severo giudice della propria commedia, e questo c’importa: «La morale n’en seroit pas inutile si elle ètoit mieux conduite, si les diffèrens personnages de la pièce ètoient mieux liès et plus interessans». (l. c.) Certo era stato prevenuto dal pubblico e dagli attori, che ben presto lasciarono nell’oblio il Cavalier Giocondo. Mancano in fatti notizie di recite, se si tolga che servì a inaugurare il carnovale del 1759 sul teatro Capranica a Roma (v. G. Martucci, C. G. e il suo soggiorno a Roma, in Rassegna nazion., Firenze, 1886, p. 549; e Fr. Piovano, Bald. Galuppi, estr. dalla Riv. music., Torino, 1908, p. 74, n. 1).

Dall’oscurità volle trarlo nel 1815 a Napoli la compagnia comica Perotti, in cui faceva le prove giovanili di attore e scrittore Franc. Augusto Bon, il più fervente goldoniano dell’Ottocento, ma l’esito forse non fu buono, se la commedia non ricomparve poi nel repertorio delle compagnie veneziane (R. Bratti, Sette lettere di F. A. Bon, estr. dalla Rivista Teatr. It., Firenze, 1907, pp. 12 e 15). Tuttavia nel 1828 il dottor A. Montucci le diede posto nel t. IV della Scelta di tutte le migliori commedie di C. G., ridotte e stampate a Lipsia per uso della studiosa gioventù oltramontana. Ricordasi anche una «felicissima imitazione goldoniana», il Viaggiatore, del nobiluomo pisano Pio del Borgo (così Alfr. Segrè, Appunti di storia teatrale, in Riv. Teatr. Ital., IX, vol. 14, Firenze, 1910 p. 285). I vecchi biografi e critici non se ne curarono. Dei moderni il Guerzoni la collocò, credo a caso, insieme col Festino