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62 ATTO TERZO
Trattarlo qualche volta con qualche inavvertenza.

(Se questa cosa è vera, si vede certamente
Ch’io sono di Madama il maggior confidente).
E se di tal protesta scontento egli non è,
L’attende in propria casa a bevere il caffè.

(Ho inteso, andar conviene a prendere il mio resto:
Di già se mi strapazza, il mio destino è questo).
Va pur dalla padrona; falle i miei complimenti,
Dille che a riverirla mi porterò a momenti.
Che intanto la ringrazio dei sentimenti umani;
Che intorno a tutto il resto, io son nelle sue mani.
Targa. Glielo dirò, signore. Ma Targa, il poveretto...
Conte. Che vuoi?
Targa.   Non ho tabacco...
Conte.   Vanne, Balestra aspetto;
Mi spiccio d’un affare, e poscia vengo subito.
Vanne, sarai contento.
Targa.   Eh sì, signor, non dubito. (parte)

SCENA IV.

Il Conte solo, poi Risma.

Conte. Ecco, spendere è forza, chi vuol cotesti onori,

Se non colla padrona, almen coi servitori.
E Balestra non viene. Chi diamine sarà
Quella maschera donna?... mi par... si volta in là.
Affè, l’ho conosciuta; quella è la moglie mia.
Ha un uom che l’accompagna; non so chi diamin sia.
Ella si è travestita, ma la conosco all’aria.
Per qual motivo in giro la donna solitaria?
Vi sarà il suo mistero, vi sarà il suo perchè.
Chi sa ch’ella non venga a ricercar di me?
E meglio da Madama andarmene a drittura,
Prima che mi assalisca con qualche seccatura.
(in atto di partire)