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IL FESTINO 57
Madama. Amica, a piacer vostro tutt’altro criticate;

Ma Ircana io la proteggo, e non me la toccate.1
Marchesa. Non parlo dell’attrice, favello con modestia;
Mi piace di vederla smaniar come una bestia;
Del carattere suo sol favellare intendo.
Madama. Ircana, la sua parte, il suo smaniar difendo.
Finor son stata cheta, or mi si scalda il sangue:
Se mi toccate Ircana, io fremo come un angue.
Io trovo il suo carattere bellissimo, perfetto.
Mille volte al poeta io dissi: oh benedetto2
Baronessa. Credetemi, Madama, che vi è da dire assai.
Madama. L’ho caro3. (s’alza)
Baronessa.   Ma sentite.
Madama.   Orsù, ho sentito assai.
Restate, se volete, io vi domando scusa;
So che piantar le visite la civiltà non usa,
Ma un affar di premura m’obbliga un sol momento
Passar, se il permettete, nell’altro appartamento.
Tre dame che son piene di tanta discrezione,
Spero che mi daranno benigna permissione.
Baronessa. Io vi levo l’incomodo.
Marchesa.   Faccio lo stesso anch’io.
Rosimena. Attenderò l’avviso, Madama, al palco mio.
Ricordatevi bene parlar per tutti tre4:
Per la figliuola mia, pel mio don Peppe e me.
(parte inchinandosi, con don Peppe)
Marchesa. Madama, compatite. (inchinandosi)
Madama.   Giust’è che a voi domande...
Baronessa. Dunque vi metterete stassera il cerchio grande.
Madama. Può darsi.

  1. L’attrice medesima rappresentò nell’anno stesso il personaggio d’Ircana. [nota originale]
  2. Guibert-Orgeas e Zatta: io dissi: benedetto.
  3. Zatta: a caro.
  4. Zatta: e tre.