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NOTA STORICA
Un’ottava della Gerusalemme, cantata dal gondoliere, seconda i teneri discorsi del Goldoni con l’ossuta e gialla Passalacqua nella provvida oscurità del felze (Memorie I, c. 38). La premessa al Torquato Tasso, di speciale importanza per quanto vi si narra sulla fortuna del poeta a Venezia, non reca testimonianze personali di questo o d’altro genere. Ma prova particolarmente efficace della sua grande popolarità era — come narra il Goldoni — il favore onde venivano accolte in teatro azioni spettacolose tratte dal suo poema. Il che trova conferma anche nei carteggi del Nostro col Vendramin (Mantovani, C. G. e il Teatro di S. Luca a Ven. 1885, pp. 127, 151; s’avverta che la lettera XIX è certo risposta alla XXIV s. d.). Nulla di straordinario se in tale città chi alle scene aveva già dato due commedie biografiche e promesso una terza [Aristofane] (cfr. Censure miscellanee sopra la commedia ecc. Ferrara, MDCCLV, p. 36 e Spinelli, Fogli sparsi del G., p. 192) pensasse a trar partito anche dalle vicende della vita del Tasso nel modo che all’ingegno suo si porgevano. Il patire d’accessi d’ipocondria come il poeta doveva, in certa guisa, agevolare all’autore il grave compito. Ma per il Goldoni l’amore non era mai stato tormentosa passione, nè di critiche animose s’era curato più che tanto. In questo proprio l’opposto del Tasso, e di tale dissomiglianza si compiaceva. Così sempre la Premessa. Per gli amori passi, che intomo a quelli del Nostro la più viva fantasia non riesce a creare tragiche leggende. Alle critiche però egli non fu insensibile. Manifesti, lettere, versi, premesse, scene e intere commedie vennero da esso lanciate contro gli avversari: armi d’offesa e di difesa. Un giorno, stanco dei continui sarcasmi spesi dal nemico contro la lingua del suo teatro, si ricorda dei tormenti sofferti dal Tasso per la stessa ragione e sfoga il proprio dispetto esponendo al dileggio della platea il Cavalier del Fiocco, caricatura dei cruscanti: primi allora per il Goldoni i Granelleschi. Superfluo avvertire ch’egli, ancora trent'anni dopo scagliato il dardo, si scansa dal dar il nome alle cose, e mentre espone l’origine di questa commedia (Memorie, P. II, e. XXXII) fa un bell’ inchino alla Crusca, un altro ai Granelleschi ed ha persino un benevolo accenno a Carlo Gozzi. Nella commedia poi Del Fiocco dichiara espressamente di non esser fiorentino (a. III. sc. II), salvo a riprender la sua vera pelle tre decenni più tardi nelle Memorie. La Premessa (anche questo va notato) nulla reca sugl’intenti polemici dell’opera.
Curiosa al sommo la diatriba del Manzoni, abbozzata alla buona e certo non matura per la stampa, contro questo Cavalier cruscante (Opere inedite o rare. Milano, 1898, vol. V, p. 281 [Brani inediti. Ribob (oli)]). Il grande apostolo della parlata fiorentina disapprova il modo onde il Goldoni in quest’opera si beffa degli avversari, e gli rinfaccia scarsa coerenza con l’istessa arte sua: «Il buon Goldoni introduce nella sua commedia il Tasso un personaggio che vuol render ridicolo, facendogli lardellare il discorso di riboboli. Il linguaggio di questo personaggio non so se faccia ridere, ma è strano invero; non so però