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IL FESTINO 43
Conte. Pazienza; questa sera a che ora comandate

Ch’io la gondola mandi?
Madama.   No, non v incomodate.
Conte. Bene; ma vi sia noto, che principiar trattengo
La festa al vostro arrivo.
Madama.   Stassera io non ci vengo.
Conte. Ma perchè mai, signora? Pensate in qual imbroglio
Sarei, se non veniste.
Madama.   Non posso; e poi non voglio.
Conte. L’ora è troppo avanzata. Son le dame invitate;
Verranno per ballare. Io che farò?
Madama.   Ballate.
Conte. Senza di voi?
Madama.   Che importa?
Conte.   Madama, per pietà.
Madama. Così la moglie vostra più contenta sarà.
Conte. Lasciam la moglie in pace coi pregiudizi suoi.
Vi è noto che il festino è ordinato per voi.
Per aver suonatori, usata ho la violenza;
Mi può qualche malanno costar la prepotenza.
Madama. Sia come esser si voglia, Conte, vi torno a dire
Non vengo.
Conte.   Non venite?...
Madama.   Se credo di morire.
Conte. Eccomi in un impegno. Destino maledetto!
Il ballo ed il convito farassi a mio dispetto?
Madama. Si farà dunque?
Conte.   E come poss’io farne di meno?
Madama. Io starò sola in casa a rodere il veleno.
Conte. Madama, per pietà, deh! venite da noi.
Madama. Se ballano, se cenano, che bisogno han di voi?
Conte. Ma che direbbe il mondo, s’io non ci fossi?
Madama.   Andate;
Divertitevi bene, e più non mi annoiate.
Conte. Ma in carità, Madama...