Al Principe ho risolto di porgere la mano;
Ma ai replicati assalti di lui, ch’è mio padrone,
Ho condesceso alfine per più onesta ragione.
Sospetta di Torquato, crede ch’io l’ami, e freme:
Il misero poeta soffre, sospira e teme.
Parla di noi la Corte, mormora il mondo audace;
Quando mi sposi al Duca, ognun si darà pace.
D. Eleonora. Il fin per cui lo fate, è onestissimo, il veggio;
Basta che poi, sposata, non dicano di peggio.
Marchesa. No, amica, l’onor mio non è in sì poca stima.
D. Eleonora. Soggetta a tai disgrazie non sareste la prima.
Gherardo. (Entra nella camera, e vedendo le due che parlano, si trattiene in disparte per ascoltare.)
Marchesa. Che perdanmi il rispetto sì facile non è.
D. Eleonora. Anch’io son conosciuta, e han detto anche di me.
Gherardo. (Che parlan fra di loro?) (accostandosi un poco)
Marchesa. È vero, e a dir io sento
Che han di voi sospettato senz’alcun fondamento.
D. Eleonora. Dirò: per me Torquato ha della stima in cuore;
È facile la stima interpretarsi amore.
Marchesa. (L’ambizion la seduce).
Gherardo. (Non intendo parola).
Marchesa. Torquato il suo rispetto non mostrò per voi sola.
D. Eleonora. Nè sol per voi.
Marchesa. Gli è vero, ma di me parla il mondo.
Dite, s’inganna forse?
D. Eleonora. Non so, non vi rispondo.
Gherardo. (Se non sento, patisco). (s’accosta un altro poco)
Marchesa. Dite liberamente...
D. Eleonora. Io non saprei che dirvi. Dubbio è ciò che si sente.
Marchesa. È ver, ma si potrebbe... (È qui vostro marito), (piano)
D. Eleonora. (Sarà qui ad ascoltarci. Vuò trargli l’appetito), (piano)
Marchesa. (Cosa non è ben fatta...) (piano)
D. Eleonora. D’amore in testimonio,
(principia a parlar forte)