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TORQUATO TASSO | 447 |
SCENA II.
Torquato solo.
Voglian rimproverarmi del cuor la debolezza?
Andrò da voi lontano, dolci pupille e vaghe:
Vedrò se lontananza vaglia a sanar le piaghe;
E se morir dovessi per un dolor più forte,
Una pena di meno proverò nella morte.
Io non avrò il tormento d’essere a voi vicino,
Soffrendo del mio cuore il barbaro destino;
E ’l curioso mondo, dopo mia morte ancora,
Vivrà incerto qual fosse la mia amata Eleonora...
Eccone due ad un tratto. Ahi, qual incontro è questo?
SCENA III.
La Marchesa Eleonora, donna Eleonora ed il suddetto.
D. Eleonora. Ci lascia? (a Torquato)
Torquato. Se ’l comandate, io resto.
Marchesa. Di noi chi lo potrebbe voler con più ragione?
(a Torquato)
Torquato. Merito avete entrambe, odioso è il paragone.
Marchesa. (Scaltro risponde).
D. Eleonora. (Il vero saper si spera invano).
Torquato. (Occhi miei, state in guardia; non scoprite l’arcano).
Marchesa. Posso, se a voi fia grato, parlare al signor nostro,
Che mal di voi contento promosse il partir vostro.
S’egli è con voi sdegnato, m’ingegnerò placarlo.
Siete di ciò contento?
Torquato. Vi prego di non farlo.
Marchesa. Per uom che non gradisce, gettata è la fatica;
Più cari i buoni uffici saranvi dell’amica.