Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/440

426 ATTO PRIMO
Godo trovare in lei tanta sincerità,

Che uguagli il pregio eccelso di lodata beltà.
D. Eleonora. Voi parlate da scherno, io davver vi rispondo:
Torquato è tal poeta, che non ha pari al mondo.
Felice quella donna che di sue lodi è degna!
Egli co’ vivi carmi a rispettarla insegna.
Quantunque lusinghiera, nata di stirpe infida,
Desta amor, desta invidia all’altre donne Armida.
E Clorinda infelice, allor che langue e more,
In chi legge i bei carmi, desta pietade e amore.
Se lo scrittor felice di me formasse istoria,
Voi pur sareste meco a parte di mia gloria.
Ma il dolce madrigale non parlerà di me;
Son parecchie Eleonore: in Corte siamo tre.
L’una serve, egli è vero; di lei non canterà.
L’altra è amata dal Duca, rispettarla saprà.
Dir ch’io sia non ardisco; è ver, son maritata:
Ma puote in ogni stato la donna esser lodata, (parte)

SCENA XIII.

Don Gherardo solo.

Ho inteso e non ho inteso. Ognuna delle due

Ha sovra il madrigale le pretensioni sue.
Dubito che sia peggio averlo letto; avea
Curiosità d’intendere... Ma so quel che sapea.
Non veggo a chi Torquato rivolga i suoi pensieri;
Ma so che ’l gradirebbe mia moglie volentieri.
Par che di gloria solo senta nel cuore il caldo:
Esser vorrebbe Armida, ma temo di Rinaldo.
Temo, che se Clorinda nell’eroismo eguaglia,
Non trovi il suo Tancredi, che la sfidi a battaglia.
Per lo più queste donne che leggono poemi,
Apprendono d’amore le leggi ed i sistemi.