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420 ATTO PRIMO
D. Eleonora. Ditemi in confidenza, come vi piace, amica,

Stanza che, s’io non erro, mi par che così dica:
     Teneri sdegni, e placide e tranquille
     Repulse, e cari vezzi e liete paci,
     Sorrisi, parolette e dolci stille
     Di pianto, e sospir tronchi, e molli baci.

Marchesa. Tenero amor si sente ne’ vivi carmi espresso.
D. Eleonora. Dite, tra ’l duca e voi li ripetete spesso?
Marchesa. Donna Eleonora, intendo. Pungermi voi cercate.
D. Eleonora. Pungervi? la mezzana vi farò, se ’l bramate.
Vedova siete voi, vedovo è il Duca1 ancora
Dama nasceste, il prence vi venera e vi adora:
Gran cosa non sarebbe se anch’ei, per viver queto,
Volesse fare un dolce matrimonio segreto.
Marchesa. D’altro parliamo, amica: io son per suo favore
Della Duchessa madre damigella d’onore;
A tanto non aspiro, so che tanto non merto;
Coi versi di Torquato mi spasso e mi diverto,
E i versi del poeta mi dan tanto piacere,
Che in leggerli talora spendo le notti intere.
D. Eleonora. Marchesa, lo sapete, io son d’allegro umore:
Vi piace il suo poema, o piacevi l’autore?
Marchesa. Vi dirò: dell’autore ho qualche stima, è vero,
Ma è troppo melanconico, troppo in volto severo;
Ne so come prodotte abbia sì dolci rime,
Un uom che nel vederlo nera mestizia imprime.
Ammiro il suo talento, gradisco i carmi sui,
Ma egual piacer non trovo a conversar con lui.
D. Eleonora. Io, io lo sveglierei, se non fosse un riguardo.
Marchesa. Temete che geloso di voi sia don Gherardo?
D. Eleonora. Mio marito, per dirla, non credo sia geloso;
Si fida, e può fidarsi. Ma è piuttosto curioso.

  1. Ed. Pitteri: Il Duca è ancora.