Ma qui il rimbombo del martel sonoro
Faceva i Franchi alla custodia intenti.
Ha scassato, ha cambiato. Il cambio eccolo qui.
Vediam la correzione. Ora dice così:
Ma qui vegghiando nel fabbril lavoro,
Stavano i Franchi alla custodia intenti.
Ecco dove si perde, chi di sè ha poca stima:
La mutazion peggiora: meglio diceva in prima.
E rintegrando le già rotte mura,
E de’ feriti era comun la cura.
E rintegrando gian le rotte mura,
E degli egri s’avea pietosa cura.
Spiacemi di Torquato l’inutile lavoro;
Vedo che per far meglio vuol perdere il decoro.
Questa non parmi ottava. Leggiamo. E un madrigale.
Che un amico lo vegga non dee aversene a male.
Cantava in riva al fiume Tirsi d’Eleonora.
Che sento? e rispondean le selve e l’onde, onora,
E l’acque insieme e i rami. Costui di chi favella?
Or chi fia che l’onori e che non l’ami? Oh bella!
Quel che Torquato turba, son l’amorose doglie.
Amante è d’Eleonora? sarebbe ella mia moglie?
Due altre ve ne sono in Corte di tal nome:
Non spiega il madrigale nè il grado, nè il cognome.
Ma una è la Marchesa, del Duca favorita;
L’altra è la damigella: non sarà preferita.
Torquato, il cuor mi dice, amante d’Eleonora,
Mi fa l’onor sublime d’amar la mia signora.
Dottissimo poeta, una finezza è questa,
Che può d’estro poetico aggravarmi la testa.
Tu sei, per quel ch’i’ vedo, per amor melanconico;
Io non vorrei d’intorno di gelosia il mal cronico.
Finora è un mio sospetto. Forse ciò non sarà.
Ecco, sia maladetta la mia curiosità.