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TERENZIO | 389 |
Terenzio. In Atene.
Lucano. Darla a Criton promisi.
Terenzio. Bene, il vecchio canuto...
Lucano. Venga egli stesso in Roma.
Terenzio. Signore... egli è venuto.
Lucano. Come? dov’è?
Terenzio. Ti è in grado ch’egli a te venga?
Lucano. Sì.
Terenzio. Vieni, Critone, a noi. (verso la scena)
Lucano. Come sì tosto?
Terenzio. È qui.
SCENA ULTIMA.
Critone ed i suddetti.
Terenzio. Non t’ingannai, se meco
Venne a chieder la schiava col tuo contratto un Greco.
Più del mercante estinto avea ragion sul patto
L’avolo, che il contante offriati del riscatto;
Ma l’amor tuo sapendo... deh mi perdona... in parte
Mi suggerì il ripiego al cuor la comic’arte:
Quell’arte onde più volte lodasti in me l’ingegno,
Di sostenere in scena qualche simile impegno.
Signore, alla catena torno, se reo in ciò sono...
Lucano. No, la colpa felice approvo, e ti perdono.
Damone. Signor, pronta è la cena. (a Lucano)
Lucano. Ite contenti e lieti.
Damone. (Si passano gran cose ai comici poeti!) (da sè)
Lucano. Roma lasciar destini? (a Terenzio)
Terenzio. Andrò, se tu ’l consenti,
A raccor di Menandro i sparsi monumenti;
Cento commedie ha scritto l’autor greco divino,
Degne d’esser tradotte al popolo latino.