Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
352 | ATTO TERZO |
Lucano. Se libero lo rendo, d’amarla non è indegno.
Olà! (chiama)
SCENA VII.
Damone ed i suddetti.
Lucano. Livia a me. (a Damone)
Damone. Sì, signore. (Lisca, che v’è di nuovo?
Nulla facesti?) (piano a Lisca)
Lisca. (Ho fatto?) (piano a Damone)
Damone. (Compro i fagian?) (piano a Lisca)
Lisca. (Puoi farlo).
(come sopra)
Damone. (Lisca è il grand’uom! Vorrei propriamente indorarlo).
(da sè, e parte)
SCENA VIII.
Lucano, Fabio e Lisca.
Ma in lui la colpa emenda bella virtute e strana.
L’amor di tutta Roma mi offre per lui la scusa:
(Più facile al cuor mio dipinta da Creusa). (da sè)
Solo restar con Livia per or mi cale. Andate.
Fabio. Lisca? (piano a Lisca)
Lisca. Fabio? Addio cene. (piano a Fabio)
Fabio. Son le speranze andate. (partono)
SCENA IX.
Lucano, poi Livia.
Staccasi da Creusa, se ’l rendo altrui consorte.
La servitù col tempo smarrisce nell’oblio,
E poi Livia è mia figlia, ma non del sangue mio.