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LA MADRE AMOROSA 263


Ottavio. Sarei lo stesso di prima, se lo stato vostro di vedovanza non mi lusingasse di conseguirvi.

Aurelia. E se io avessi costantemente proposto di non passare alle seconde nozze, mi abbandonereste voi colla vostra amicizia?

Ottavio. No certamente. Ma cercherei dissuadervi da un proposito strano, che mal conviene per tanti titoli alla vostra situazione presente.

Aurelia. Conte, ho fissato: non voglio più maritarmi.

Ottavio. Voi lo direte, perchè mi odiate.

Aurelia. No certamente. Vi stimo, e dirò ancora, vi amo. Se dovessi unirmi con altro sposo, giuro sull’onor mio, altri che il conte Ottavio non scieglierei. Ma torno a dirvi: ho fissato, non voglio più maritarmi.

Ottavio. Pazienza, lo sventurato son io.

Aurelia. Vi allontanerete per questo dalla mia casa?

Ottavio. Ci verrò, signora, se voi me ne darete la permissione.

Aurelia. Una lunga pratica potrebbe rendersi di osservazione.

Ottavio. Capisco. Voi mi licenziate per sempre.

Aurelia. Anzi vi desidero sempre meco. Non ho altri che voi, cui possa confidare il mio cuore. Se voi mi abbandonate, caro Conte, chi mi darà consiglio, chi mi conforterà nelle mie sventure?

Ottavio. Signora, il vostro ragionamento è sì vario, ch’io non arrivo a capirlo.

Aurelia. Se il vostro amore per me fosse cotanto forte, cotanto virtuoso, quanto voi lo vantate, ve lo farei capire ben tosto.

Ottavio. Se dubitate della fortezza dell’amor mio, ponetelo alla prova, e ne rileverete gli effetti.

Aurelia. Conte, badate bene come voi v’impegnate.

Ottavio. Son cavaliere, non son capace mancare alla mia parola.

Aurelia. Voglio che voi mi amiate, senza speranza di conseguirmi.

Ottavio. Sì, giuro di farlo.

Aurelia. Voglio che non vi allontaniate dalla mia casa, e senza dar motivo di mormorare.

Ottavio. Insegnatemi a farlo.

Aurelia. Sposatevi a Laurina mia figlia.