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256 ATTO SECONDO


Laurina. Ah signora madre, voi non mi amate.

Aurelia. Sì, figlia, vi amo teneramente, e desidero di vedervi contenta.

Laurina. Se fosse vero, voi non mi affliggereste così.

Aurelia. Via, voglio consolarvi; credetemi, son pronta a farlo.

Laurina. Dite davvero, signora madre?

Aurelia. Sì, cara, sedete ed ascoltatemi.

Laurina. (Questa volta Florindo è mio). (da sè, e seggono)

Aurelia. Laurina amatissima, niuna persona di questo mondo può amarvi più della madre, e a niuno, meglio che a me, si conviene la confidenza del vostro cuore. Di me non vi siete fidata, e dall’aver operato senza il consiglio mio, sono derivati i disordini che sconcertano la nostra casa.

Laurina. Signora, il rispetto...

Aurelia. Sì, v’intendo: per rispetto non mi avete confidato gli arcani vostri, ma di questo rispetto vi siete poscia scordata, quando avete determinato di farvi sposa senza l’assenso mio.

Laurina. Voi continuate a rimproverarmi...

Aurelia. No, figlia, non vi rimprovero più. Quello ch’è stato, è stato. Parliamo adesso con libertà. Son madre al fine, e posso bene sacrificare un puntiglio, per chi sarei anche pronta di sacrificare la vita.

Laurina. Via, non mi fate piangere...

Aurelia. Eh figlia, ho tanto pianto per voi, che le vostre lacrime non arriveranno mai ad equivalere alle mie; ma non voglio che più si pianga. Ditemi con sincerità, con franchezza: siete voi innamorata?

Laurina. Sì, signora, lo sono.

Aurelia. È Florindo l’oggetto de’ vostri amori?

Laurina. Non vi è bisogno che lo ripeta. Già lo sapete.

Aurelia. Voi mi rispondete con un poco di temerità.

Laurina. Già lo vedo: voi volete alla fine mortificarmi.

Aurelia. Non è vero. Voglio soffrirvi, desidero consolarvi. Ma ditemi, in grazia, quanto tempo è che voi amate il signor Florindo?