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236 | ATTO PRIMO |
SCENA III.
Il Conte Ottavio e detta.
Ottavio. Madama, scusate s’io vengo ad importunarvi.
Aurelia. Mi fate onore qualunque volta vi compiacete di favorirmi.
Ottavio. Un affar di premura mi rese più sollecito a riverirvi. Sappiate che donna Lucrezia vostra cognata...
Aurelia. Vuol maritar mia figlia, non è egli vero?
Ottavio. Sì, con Florindo Aretusi. Pare a voi che un tal matrimonio onori la vostra casa?
Aurelia. Pria che ciò segua, mi farò intendere.
Ottavio. Avvertite che non sarete a tempo.
Aurelia. Come! non sarò a tempo? Chi è di là?
SCENA IV.
Traccagnino e detti.
Traccagnino. Signora.
Aurelia. Chiamatemi la mia figliuola.
Traccagnino. L’è in camera de so siora zia.
Aurelia. Che subito venga qui.
Traccagnino. Ghel dirò, signora. Ma ho paura che subito subito no la vegnirà.
Aurelia. Perchè dici tu che la non verrà?
Traccagnino. La fa una certa cossa... e no la vegnirà, se no la l’ha fenida.
Aurelia. Che cosa fa in camera di sua zia?
Traccagnino. Zitto, che vussoria no l’ha da saver.
Aurelia. Come! non l’ho da sapere? Che discorso è il tuo?
Ottavio. Signora mia, quanto volete giocare che vostra figlia sottoscrive il contratto? (a donna Aurelia)
Aurelia. Senza di me? Traccagnino, che fa Laurina?
Traccagnino. Par proprio che sior Conte el gh’abbia dell’astrologo.
Aurelia. Scrive mia figlia? scrive?