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Florindo. Dirò, signore: in accademie ha recitato più volte; ma con comici non è mai stato.
Zamaria. Ho inteso; schiavo, siori. (in atto di partire)
Ottavio. Non è persuaso forse che abbia a riuscire?
Zamaria. Gnente; una maledetta. Accademico dilettante: come voleu che el sappia i vostri lazzi, i vostri soggetti, le vostre commedie? Poverazzi! sè ruvinai.
Ottavio. Se non saprà fare per ora le commedie che noi chiamiamo dell’arte, basterà ch’egli riesca in quelle che si dicono di carattere, le quali in oggi hanno dell’altre maggior incontro.
Zamaria. Saralo mo bon?
Ottavio. Si spera.
Zamaria. Colla maschera, o senza maschera?
Ottavio. In una maniera, e nell’altra.
Zamaria. Bona mutriaa?
Ottavio. Lo vederà.
Zamaria. Bona oseb)?
Ottavio. Lo sentirà.
Zamaria. Saveu che m’avè messo in curiosità! Da galantomo, che stago qua stassera.
Clarice. L’ho detto che il signor Zamaria ci favorirà.
Argentina. Chi sa che domani non prenda palco anche lui.
Zamaria. Se me piaserè, perchè no? E de Brighella come aveu repiegà?
Flaminia. Nella stessa maniera come si è fatto del Pantalone.
Zamaria. Un altro accademico?
Flaminia. Per l’appunto.
Zamaria. No so cossa dir; el cielo ve la manda bona. Me despiase anca de quel povero Brighella che xe morto. Diseme, cari siori, chi farà da Osmanoc in te la Sposa Persiana?
Dottore. Malament ho fatt mi, e son stà compatì.
Zamaria. Sì ben, me recordo che sè stà in do altri teatri in sto paese, e no m’avè despiasso.