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Ottavio. Come sarebbe a dire? Ci crede ella in rovina affatto?

Zamaria. Sì, caro vecchio, sè rovinai. Ve voggio ben, me despiase assae; ma mi son un omo che parla schietto. Per stanno no ghe vedo caso che ve podè sostentar1.

Flaminia. Signore, ella ci crede disperati affatto, e noi siamo pieni di coraggio.

Zamaria. Bon prò ve fazza; ma ve posso dir che nè mi, nè i mi amici, stanno avemo volesto tor palco.

Clarice. Per lei non ha bisogno di palco. Viene a favorirci sulla scena.

Zamaria. Ve dirò: son vegnù a trovarve, son vegnù a saludarve; ma vago via.

Clarice. Non vuol vedere la nostra prima commedia?

Zamaria. Mi no; co me recordo quel povero Pantalon, me vien da pianzer.

Florindo. Caro signore, poteva ella far a meno di venirci a rattristare. Abbiamo bastantemente compianto la perdita di un nostro amoroso compagno, pieno di merito, di grazia, di brio e di ottimi, illibati costumi2. Ora pensar dobbiamo a servire il pubblico lietamente più che si può, e per ciò fare abbiamo sostituito un Pantalone novello3, il di cui spirito, il di cui talento ci fa sperare non poco.

Zamaria. Sì? avè trovà? chi xelo?

Florindo. È un veneziano, signore.

Zamaria. Venezian proprio?

Florindo. Veneziano nato qui, e qui allevato, e in impieghi onorati nella patria sua mantenuto.

Zamaria. Xe un pezzo che el fa da Pantalon? Dove xelo stà? da dove vienlo?

  1. Così dicevasi comunemente per Venezia, a cagione della perdita dei due personaggi suddetti, e delle poche cose che scritte aveva il poeta.
  2. Elogio ben dovuto alla memoria di Francesco Rubini, il quale quantunque di nascita Mantovano, e non del tutto in possesso della lingua veneziana, ha saputo tanto piacere in virtù del suo talento e della sua buona grazia.
  3. Pietro Rosa, già fattore presso una famiglia patrizia veneziana, come ricorda Fr. Bartoli nelle Notizie istoriche de’ Comici Italiani ecc.